
Il tempo ritrovato
Quando frequentavo il liceo mi ero messa in testa di scrivere un romanzo e, per l’esattezza, un thriller psicologico dai toni dark. Il protagonista era un assassino che lasciava sulla vittima di turno un
messaggio in latino per firmare l’omicidio.
Ho scritto questo libro febbrilmente in due settimane, l’ho salvato su un floppy disk – ve li ricordate i floppy disk? – e ho lasciato una copia sul desktop del mio 486 – ve lo ricordate il 486?
Ottocento pagine a carattere 8. Roba che Infinite Jest mi faceva una pi…
Non avevo un indirizzo mail e quindi non mi sono auto-inviata il romanzo per salvarlo su un server
remoto. Questa tattica l’ho scoperta qualche anno più tardi, quando ho perso la tesi della triennale.
Avete capito bene … mentre scrivevo le conclusioni della mia indagine sull’alcolismo tra i giovani Puff! La scheda madre del portatile è saltata.
Da allora ho capito che non c’è hard-disk che tenga e mi invio sempre tutto per e-mail.
Comunque consegno il floppy alla Prof. di latino, una di quelle docenti super severe e critiche, e le chiedo di darmi un parere. Era entusiasta, talmente entusiasta che ha perso il floppy proprio il giorno in cui il 486 ha esalato l’ultimo respiro.
L’unica frase che riuscivo a ricordare di ottocento pagine era il primo messaggio dell’assassino: Tempus fugit, un monito che purtroppo non ho sempre tenuto a mente negli anni successivi. Il tempo scorre inesorabilmente.
A volte sono stata talmente presa dalla frenesia della mia vita quotidiana, dagli impegni di lavoro e da
futili preoccupazioni che ho sprecato il mio tempo mettendo da parte le priorità della vita. I genitori
possono aspettare, i miei amici possono aspettare, le mie passioni possono aspettare … mi ripetevo.
Poi mi sono svegliata in un giorno come un altro e ho guardato indietro. Nel frattempo avevo vissuto tre vite, una per ogni città in cui avevo abitato, e cosa avevo fatto?
Pressoché nulla, ovvero tantissime cose ma nulla di rilevante: tanti progetti di lavoro, tante relazioni
sterili, tante serate memorabili.
È stato allora che mi sono ricordata di Seneca e del saggio che avevo dovuto studiare per le vacanze
estive, il De brevitate vitae. A quindici anni leggevo in spiaggia questi solenni avvertimenti, cogliendo lontanamente il significato della riflessione sul tempo senza afferrarlo del tutto: “la vita è lunga, se sai farne uso. C’è chi è preso da insaziabile avidità, chi dalle vuote occupazioni di una frenetica attività; uno è fradicio di vino, un altro languisce nell’inerzia; uno è stressato da un’ambizione sempre dipendente dai giudizi altrui […] Vivete come se doveste vivere per sempre, mai vi viene in mente la vostra caducità, non prestate attenzione a quanto tempo è già trascorso”.
Caro Lucius Annaeus, alla veneranda età di 37 anni, ho finalmente capito a pieno il senso delle tue
parole. Ti prometto solennemente che non sprecherò più il mio tempo: mi accontenterò dello stipendio
che mi permette di vivere e non sarò avida; non mi farò più coinvolgere da vuote occupazioni (come la
Domenica al centro commerciale); berrò meno vino (non posso dirti che smetterò del tutto, perché
sarebbe una bugia); non mi preoccuperò di ciò che pensa la gente (in realtà su questo sono sempre stata brava); non languirò nell’inerzia (seppur ogni tanto mi concederò qualche riposino sul divano) e
diffonderò il tuo verbo presso le persone a cui voglio bene, come la mia amica Ale che ogni tanto si fa
ingurgitare dal lavoro, manco operasse a cuore aperto.
Oh Seneca, Seneca poi la gente dice che studiare latino non serve a niente. Oh se tu potessi illuminare
la via anche a tutti quelli che sostengono il governo di Pinco Panco e Panco Pinco … Ah non puoi?
Sicuro? Neanche tu? Va bene, ci saranno momenti migliori. Buonanotte Seneca. Grazie intanto.
Valeria de Bari
L’immagine in copertina è di Antonio Stasi.
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