
“Ricomincio da capo”: ognuno vive i suoi giorni della marmotta
Se negli anni Novanta eravate bambini o adolescenti, è molto probabile che vi siate imbattuti in Ricomincio da capo durante un pomeriggio passato davanti alla TV, facendo zapping sulle reti Mediaset (all’epoca Fininvest).
Se non vi è successo, è probabile che il titolo non vi stimoli tanto a vedere questo film, conosciuto nel resto del mondo con il titolo meno banale di Groundhog Day. Ma sono convinta che, almeno una volta nella vostra vita, abbiate avuto la sensazione di vivere il Giorno della marmotta.
Ma cos’è il giorno della marmotta? E cosa c’entra con il film Ricomincio da capo, diretto da Harold Ramis?
Innanzitutto, cade il 2 febbraio, un giorno tradizionalmente collegato ai presagi sulla fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
In Italia, infatti, per il calendario liturgico cattolico è la Candelora ed esiste un noto proverbio popolare secondo cui “Per la santa Candelora o che nevichi o che plora, dell’inverno siamo fuora; s’egli è sole o solicello, siamo ancora a mezzo il verno”. Ovviamente ci sono diverse varianti del proverbio per ogni regione (o campanile) d’Italia.
Negli Stati Uniti e in Canada, invece, il 2 febbraio è il Giorno della Marmotta, ovvero il Groundhog Day che dà il titolo al nostro film. Lì, l’aruspice della fine dell’inverno è un esemplare di marmotta, di cui si interpreta il comportamento in base al tempo della giornata. Secondo tradizione, gli americani e i canadesi osservano il rifugio di una marmotta. Se questa ne esce e non riesce a vedere la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno finirà presto. Se invece è una giornata di sole e la marmotta vede la propria ombra, allora l’inverno continuerà per altre sei settimane.
La trama di Ricomincio da capo
Questa tradizione è l’innesco della trama di Ricomincio da capo, dopo la cui uscita l’espressione “giorno della marmotta” è diventata un modo di indicare un giorno ripetitivo del precedente, visto quanto accade al protagonista.
Il meteorologo televisivo Phil Connors (Bill Murray) è un uomo cinico, a tratti egoista e denigratorio con i colleghi, primi tra tutti il cameraman Larry (Chris Elliot) e la producer Rita (Andie MacDowell). Il 1° febbraio i tre partono per la cittadina di Punxsutawney in Pennsylvania.
Il giorno dopo Phil si sveglia in un luogo dove tutti sono entusiasti di vivere la festa e non vedono l’ora che la marmotta Phil (guarda caso omonima del meteorologo) vaticini la fine del freddo e nevoso inverno. Finito il servizio Phil vorrebbe rientrare a Chicago e i tre si mettono in viaggio.
Peccato che una tormenta di neve obblighi le autorità a chiudere le strade, bloccando Phil, Rita e Larry a Punxsutawney.
Il giorno dopo il protagonista si risveglierà nello stesso letto, con la radiosveglia programmata alle sei, da cui suona la stessa canzone (“I got you babe” di Sonny & Cher). Ben presto si accorgerà che non è solo bloccato nello spazio della cittadina della marmotta Phil, ma anche nel tempo del 2 febbraio. Le persone che fanno e dicono le stesse cose del giorno precedente e gli avvenimenti che si ripetono sempre uguali non sono dei semplici deja-vu. Perché da quel momento Phil inizierà a rivivere giorno dopo giorno il 2 febbraio.
Al terzo giorno, parla del suo “disturbo” con Rita, la quale lo indirizza a consultare prima un medico e poi uno psichiatra. Ma nessuno dei due troverà nulla di anomalo in Phil, che resterà, come per incantesimo, intrappolato nel Giorno della marmotta.
Le reazioni di Phil si susseguono l’una dopo l’altra: comportarsi in modo irresponsabile senza preoccuparsi delle conseguenze, smettere di vivere seguendo delle “stupide regole sociali”, approfittandosi anche degli altri. Esasperato arriva al punto di rapire la marmotta, per poi iniziare con una sequela di suicidi. Ma niente interrompe la ripetizione, neanche l’innamoramento per Rita, iniziato con svariati tentativi di seduzione, tutti falliti.
Poi passa a godersi la vita, cercando di essere gentile e compiendo gesti di solidarietà e umanità, confrontandosi anche con i propri limiti e la propria impotenza.
Le domande filosofiche disseminate nella sceneggiatura di Ricomincio da capo
Ricomincio da capo è una commedia di genere fantastico – genere molto di moda all’inizio degli anni Novanta – scritta nel solco delle opere di Frank Capra, in cui i protagonisti vengono messi in situazioni paradossali e fantasiose da cui escono solo se imparano qualcosa. Nel frattempo il pubblico ha riso e ha fantasticato sulla storia romantica, che non manca mai. In questo film la storia d’amore è raccontata in una romantica atmosfera invernale, sotto la neve.
La sceneggiatura scritta da Danny Rubin, però, va oltre, perché nel corso degli eventi il meteorologo Phil si imbatte in dilemmi esistenziali che ogni essere umano si è trovato davanti almeno una volta nella vita. Ad esempio, “Se tu avessi un solo giorno da vivere, cosa faresti?”.
E molti di noi, davanti alla domanda di Phil “che cosa fareste se fosse bloccati in un posto e i giorni fossero uguali e, per quanto vi sforziate, qualsiasi cosa facciate non servisse a niente?”, risponderebbero probabilmente come uno dei suoi compagni di bevute, ovvero “Hey, sembra il ritratto della mia vita!”.
E vi auguro di aver pensato il più spesso possibile che “a dispetto di domani e di cosa accadrà” siete persone felici.
Da Seneca a Nietzsche
In Ricomincio da capo il tempo meteorologico diventa il pretesto per ragionare sul significato del tempo come coordinata della vita. Benché il film sia stato scritto in inglese, una lingua in cui ci sono due parole (weather e time) per tradurre la parola italiana “tempo”, ho sempre trovato interessante questa coincidenza.
Il tempo che scorre e l’approccio più giusto da adottare sono oggetto di ricerca filosofica fin dall’antichità, come testimoniano il monito latino tempus fugit e le riflessioni di Seneca nel De brevitate vitae, che ben si possono ritrovare in alcuni passaggi di Ricomincio da capo.
Ma alcuni osservatori hanno trovato i riferimenti più forti alla filosofia del tedesco Nietzsche, soprattutto al concetto dell’eterno ritorno dell’uguale, qui motore della narrazione, che finisce per portare vitalità al protagonista, fino a fargli accettare con amor fati la sua condizione di prigioniero nel loop temporale. Un po’ come la marmotta – che non a caso si chiama Phil – anch’essa prigioniera nella sua tana, ma anche della cittadina di Punxsutawney e della sua tradizione del 2 febbraio.
Il talento di Bill Murray non delude neanche in Ricomincio da capo
Groundhog Day non è, quindi, solo una commedia leggera. Tuttavia, è innegabile che sia un film decisamente divertente. Lo è grazie alla sceneggiatura, ma soprattutto grazie a un Bill Murray in grandissima forma. Oggi conosciuto dai cinefili delle nuove generazioni come l’attore feticcio di Wes Anderson, in questo film offre una delle sue migliori prove di attore brillante, con i tempi comici puntuali e la mimica facciale perfetta, che lo hanno contraddistinto fin dall’inizio della carriera.
Funziona anche qui, in effetti, la coppia Bill Murray/Harold Ramis, già rodata in Ghostbuster, in cui erano rispettivamente coprotagonista e regista e sceneggiatore.
In Ricomincio da capo i due mettono in fila una serie di ciak infinita, in cui le scene sono ripetute, ma non ripetitive, uguali e diverse, un po’ come certe giornate delle nostre vite.
Stefania Fiducia
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