
Quando nasce l’amore su un volo Roma-Bari
“Rimpatriati”: la storia di Claudia
Di uguale ci sono solo io, ma mentre lo dico mi chiedo se sia davvero così. Anzi me lo chiedo spesso: cosa c’è di uguale nella Claudia di 20 anni fa con gli auricolari sul bus 310, la Claudia di 30 anni in giro per studi televisivi e set e la Claudia di oggi, a 40 anni, che si barcamena tra due bambini e una vita professionale da costruire giorno dopo giorno. Non lo so, forse solo le intenzioni: di fare bene, di non deludere, di volermi bene.
Claudia
Claudia ha i capelli ricci castani. Arriva trafelata e appoggia subito sulla sedia un’enorme borsa che sembra essere pesante.
Indossa una camicia in denim e un paio di occhiali da sole con delle lenti grandi.
Mi chiedo subito se gli occhiali vintage siano un vezzo o servano a coprire uno sguardo stanco provocato da una vita spericolata, come solo quella di una mamma di due bambini piccoli può essere.
Ordiniamo un caffè, perché la caffeina non è mai abbastanza.
Quando, come e perché sei spatriata?
Ho lasciato Bari che avevo solo 18 anni, esattamente cinque mesi dopo la maturità. Non sapevo assolutamente cosa avrei voluto fare da grande ma sapevo bene cosa non volevo fare: non volevo studiare legge, né medicina, economia manco pagata, lettere sì ma poi che faccio? Mi piaceva scrivere e leggere, mi piaceva andare al cinema. Meno a teatro all’epoca (quello è un amore scoperto più avanti). Ma soprattutto mi piaceva essere autonoma. Così decisi di andare a studiare fuori. Destinazione Roma.
Come mai proprio Roma?
A 18 anni puoi diventare di tutto. Eppure questa consapevolezza non la hai. Almeno io non l’avevo. I miei genitori accolsero positivamente la scelta di andare fuori a studiare purché fosse una città facilmente raggiungibile, ecco perché la scelta ricadde su Roma. Mi iscrissi a La Sapienza, Lettere indirizzo Cinema.
E come è andata nella nuova città? Com’è stato l’impatto iniziale? Eri felice della vita fuori?
Roma non è una città facile. La cosa migliore che ti possa capitare è trovare una casa con delle coinquiline che inevitabilmente diventano la tua famiglia. La città è talmente grande che il quartiere diventa la tua città. E così mi ritrovai al sesto piano di un palazzone sulla tiburtina con altre 5 studentesse. Ero in stanza doppia con una ragazza siciliana che ancora sento con piacere. Lei studiava di giorno, io ero una notturna. Ci alternavamo e a volte per giorni non ci incontravamo. Lavoravo come cameriera in un locale a poche centinaia di metri da casa, i fine settimana li passavo chiusa lì dentro.
I miei non mi facevano mancare nulla ma io non volevo gravare su di loro oltre il necessario. Compravamo le creme per il viso al discount e i vestiti alle bancarelle vicino gli studios della Tiburtina.
Pasta al tonno in bianco faceva giorno di festa. Il 310 era il mio autobus, quello che mi portava in facoltà. Io ho amato l’università, gli orari comodi, le lezioni fino a sera, i film di Ėjzenštejn alle 9 di mattina. Ero felice.
Ti mancava la tua terra?
Della mia terra mi mancava la domenica. Sì, come se la domenica fosse un oggetto: la tavola, la famiglia, le partite della serie A sul divano, il caffè pomeridiano con gli amici. Adesso per me la domenica è sacra, perché ne ho passate tante lontana, molte da sola, certo altre tante felici tra amiche e fidanzati dell’epoca però quel calore di casa la domenica quando hai solo 20 anni mi è mancato un sacco.
Nei tuoi sogni c’era l’idea di tornare o avevi staccato completamente il tuo cordone ombelicale?
La vita a Roma è stata un continuo divenire: la laurea, i primi lavori, case sempre più belle, amicizie che si allargavano, i primi guadagni fino a potermi mantenere da sola. C’è stato un momento, verso i 30 anni in cui pensavo fermamente che Roma fosse la mia città: lavoravo in produzione tv, facevo un lavoro bellissimo che mi faceva viaggiare, conoscere tanta gente, confrontarmi con grosse personalità, divertire ed imparare sempre cose nuove. Ero realizzata, indipendente. Ero certa, non sarei mai tornata a Casa, era quella la mia casa.
E invece sei “rimpatriata”.
Non l’ho deciso io. Nei miei progetti non vi era assolutamente l’intenzione di rientrare perché la vita professionale e personale che mi ero costruita era appagante. Razionalmente non avrei mai lasciato Roma, solo una forza irrazionale come l’amore mi fatto radicalmente cambiare prospettive. Su un volo Roma /Bari ho conosciuto un ragazzo, che oggi è mio marito e padre dei miei figli: siamo stati travolti da una forza tanto forte da mettere in discussione due vite che sino a quel momento erano lineari.
Com’è stato tornare?
Più che tornare è stato un arrivare in una città nuova. All’inizio senza navigatore non mi muovevo perché, paradossalmente, non conoscevo le strade di Bari… Avevo guidato più a Roma che qui! Non sapevo, banalmente, dove fare la spesa, dove comprare delle scarpe, quali fossero i luoghi di incontro.
Ero scocciata dai negozi che chiudevano in pausa pranzo, perché ero abituata a fare le mie commissioni nella pausa pranzo del lavoro. Di contro ho scoperto una città bellissima, profondamente cambiata: più aperta, più stimolante, più inclusiva. Ma nella vita pratica c’era tutto da rifare: casa, lavoro, amici, relazioni. Ho passato i primi mesi a capire cosa fare, a capire cosa ero diventata dopo tutti quegli anni fuori. Avevo rinunciato ad un lavoro che amavo e che qui difficilmente avrei potuto fare; avevo rinunciato alla mia famiglia allargata, in primis le amiche. Adesso avevo l’amore, il mare, la famiglia e me. Bisognava reinventarsi e così ho fatto.
Ti sei mai pentita di essere tornata?
No, mai. Perché è questo il mio posto nel mondo. Se non avessi seguito l’istinto e quella forza folle dell’amore oggi non conoscerei gli sguardi meravigliosi dei miei figli.
Quindi sei soddisfatta della tua vita oggi...
Non potrei mai non essere soddisfatta di una vita che mi ha permesso di essere madre, che mi ha donato una famiglia che mi sostiene in ogni istante e un marito paziente e folle quanto me. Sarei ingrata. Certamente è faticosa. Eppure ogni mattina mi sveglio con la grinta di essere migliore del giorno prima, meno stanca no, ho capito che è impossibile per adesso con due under 4 a cui badare!
Quando parlo della mia vita da spatriata dico sempre “nella mia prima vita”. La sensazione è davvero quella di aver vissuto un’altra vita che si è conclusa e che io oggi ne stia vivendo una seconda.
Di uguale ci sono solo io, ma mentre lo dico mi chiedo se sia davvero così. Anzi me lo chiedo spesso: cosa c’è di uguale nella Claudia di 20 anni fa con gli auricolari sul bus 310, la Claudia di 30 anni in giro per studi televisivi e set e la Claudia di oggi, a 40 anni, che si barcamena tra due bambini e una vita professionale da costruire giorno dopo giorno. Non lo so, forse solo le intenzioni: di fare bene, di non deludere, di volermi bene.
Valeria de Bari
Rimpatriati è una rubrica dedicata a chi è tornato a casa e a chi vorrebbe tornare ma non ha ancora trovato il coraggio di fare la valigia. La grafica è di Marisa Tammacco.
Per leggere le altre storie raccontate nella rubrica “Rimpatriati” scorrete la pagina.
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